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Eccoci arrivati a discutere di questo argomento, apparentemente così lontano dal running, ma così attuale, purtroppo, in questi giorni.


Corsa e sistema immunitario.

In realtà, molte evidenze scientifiche suggeriscono che l’attività sportiva, e in generale uno stile di vita sano, hanno effetti documentati sulla funzionalità del sistema immunitario.

Per quanto riguarda il running, l’effetto è bi-direzionale: una attività moderata ha un effetto positivo, sia sulla immunità cellulare che sulla produzione di immunoglobuline.

D’altra parte, un super-allenamento espone a qualche rischio di indebolimento del sistema immunitario, specie se non accompagnato da un sufficiente recupero tra un allenamento (o gara) e l’altro, o da un’alimentazione non adeguata, o da uno stress eccessivo.

Insomma, la corsa lenta, la corsa media o l’interval training possono esercitare un’attività stimolante sul nostro sistema immunitario purchè non siano estenuanti.

 

Lateralizzazione emisferica e sistema immunitario.

Un’altra indicazione potenzialmente preziosa viene da quelle ricerche che legano l’attività del sistema immunitario con quella di regioni frontali dell’emisfero cerebrale sinistro. Pazienti con lesioni emisferiche sinistre sono più esposti ad infezioni, mentre pazienti con lesioni emisferiche destre sono più a rischio di malattie autoimmuni.

 

Suggerimenti per la corsa.

Le evidenze di cui sopra suggeriscono di mantenere una sana e costante attività fisica per stimolare il sistema immunitario. Il running, sport all’aria aperta, è ideale in questo senso.

Un running associato ad attività di stimolazione dell’emisfero sinistro lo è ancora di più. Interval training con veloci calcoli mentali sui tempi da tenere nelle diverse sessioni può essere una buona strategia per combinare i benefici del running con quelli di stimolazione dell’emisfero sinistro. Specie se la combinazione viene vissuta con naturalezza ed emozioni positive.

Salvo, ottimo corridore del gruppo TORG, è uno specialista nel combinare corsa con fughe ad alto ritmo verso le onde del mare! Un ottimo antidoto contro le infezioni.

Forza, commentate numerosi!

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Tra gli effetti fisiologici del running sul cervello, uno poco noto, eppure potenzialmente molto importante, è la stimolazione della neurogenesi. Per neurogenesi si intende la proliferazione di nuove cellule nervose in parti specifiche del cervello. Tra queste l’ippocampo, la regione cerebrale associata a memoria ed apprendimento.

 

Cosa è la neurogenesi?

Fino a non molto tempo fa si riteneva erroneamente che la neurogenesi avvenisse soltanto durante lo sviluppo del sistema nervoso, e che il cervello dell’adulto fosse destinato soltanto ad un impietoso impoverimento di cellule nervose con il passare degli anni. Detto che in effetti la morte neuronale è una triste realtà che coinvolge tutti con l’invecchiamento, oggi ci sono evidenze scientifiche che effetti l’ippocampo di organismi adulti può popolarsi di nuove cellule nervose. La crescita di nuovi neuroni ha ovviamente un effetto positivo sulle funzioni di memoria ed apprendimento. Per inciso, le demenze, che colpiscono oltre 100 milioni di persone nel mondo, esordiscono spesso con disturbi di memoria e con una perdita di cellule nell’ippocampo.

 

Cosa c’entra la corsa con la neurogenesi?

La corsa lunga e leggera, con un’attività di almeno 30’, fornisce uno stimolo potente per la neurogenesi dell’ippocampo, attraverso la stimolazione di fattori di crescita, la produzione di beta endorfine, l’aumento della vascolarizzazione.

 

Quale tipo di allenamento sarebbe ideale per stimolare in questo modo il nostro ippocampo?

La più efficace per questo sembra la corsa lunga e leggera, il cosiddetto lungo lento ad un ritmo superiore alla soglia del lattato, preceduto da un buon riscaldamento di almeno 20 minuti.

La corsa ad intervalli, come il fartlek, o la corsa a ritmi più sostenuti, come il medio, sarebbero meno efficaci per questo tipo di stimolo al cervello. Peccato, personalmente amo molto il fartlek, che esercita peraltro altri benefici di cui parleremo in seguito.

Le tabelle di preparazione alle gare dai 10 km in su prevedono sempre il fondo lento. Ebbene, quelli sono i giorni in cui l’allenamento “pomperà” maggiormente il nostro ippocampo.


Quanto devo essere allenato?

Se siete runner principianti, o state anche solo pensando di cominciare a correre, potete comunque fare una corsa lunga lenta. Basterà seguire il metodo del walk-run-walk, alternando qualche minuto di corsa (lenta) con qualche minuto di camminata (sostenuta). In questo modo, anche da principianti, vi troverete a percorrere diversi kilometri e sfrutterete tutti i benefici della corsa lenta. Farete come gli uomini cacciatori-raccoglitori del paleolitico, capaci di percorrere molti kilometri in questo modo.


Il walk-run-walk

Il walk-run-walk può rappresentare peraltro un metodo utile anche per runner evoluti che devo riprendersi da un infortunio o nei giorni in cui non si sentono molto in forma.

Ma so già che molti runner evoluti storceranno il naso. Ennio “il keniano” ad esempio, atleta di punta del TORG, non seguirà mai il consiglio del walk-run-walk. Proprio oggi ho qualche timore a raccontargli di aver fatto questo tipo di corsa stamattina.

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La mente in pista

Eccoci pronti a scendere in pista con il corpo e la mente. Partendo da evidenze scientifiche, discuteremo insieme di come rendere più efficiente la nostra corsa e di come sfruttare la corsa per migliorare il nostro cervello.


Corsa e cervello. Questione di interruttori

 Nel cervello del runner si accendono e spengono interruttori differenti rispetto a quello del “sedentario”. Nel runner si attiva più facilmente un interruttore che collega aree frontali (quelle anteriori) con quelle parietali (posteriori) del cervello. Questa parte del cervello, che chiameremo “esecutiva”, è importante per funzioni come attenzione, concentrazione, memoria e presa di decisioni.  Si spegne invece più facilmente l’interruttore del “cervello di default”, quello che ci fa vagare distratti con la mente, prigionieri dei nostri pensieri. Questo non è banale dal punto di vista della salute. Un eccesso di attivazione dei circuiti di default del cervello espone al rischio di patologie gravi come depressione, psicosi e deterioramento cognitivo.

In un certo senso, quando corriamo il cervello funziona in modo opposto rispetto a quando guardiamo distrattamente lo smartphone, scorrendo le pagine dei social network o vagando fra siti web alla ricerca di notizie mordi e fuggi. Dopo diversi minuti di attività di questo tipo ci si può sentire distratti, svuotati di energie e talvolta anche irrequieti. Dopo una corsa le sensazioni sono spesso opposte: calma, senso di focalizzazione, energia mentale e fisica che ci guidano nelle ore successive. Il running, come dice il mio amico Alberto, ottimo runner del nostro gruppo TORG, diventa così una via di “decompressione”, di “defusion”, una forma di “mindfulness in movimento”.

 

Il consiglio di oggi è dunque il seguente:

 

  • Spegni il “cervello di default” per cominciare a correre meglio da subito; corri meglio per attivare di più il “cervello esecutivo”.

 

Come si fa? Bisogna allenarsi e/o modificare i nostri allenamenti. Partiamo da tre punti.

1. Quando vai a correre non portarti dietro pensieri e preoccupazioni. Correre con lo smartphone acceso ad esempio è assai controproducente.

2. Corri invece focalizzato/a sul tuo corpo: sul ritmo dei passi, sulla sensazione di fatica, sul respiro. Anche sui doloretti muscolari se sei agli inizi. Entra in connessione con l’ambiente che ti circonda. Come dice un principio della medicina cinese, “senti la stagione”. Non correre d’inverno coperto/a come se fossi al polo nord. Un po’ di freddo sul corpo, un vento sferzante fra i capelli, gocce di pioggia che scorrono sul volto, la sensazione del tepore dei raggi solari… facilitano una connessione cruciale, quella fra corpo, mente e ambiente.

3. Lo so che molti di noi sono molto legati agli orologi gps per misurare ritmo, distanza, consumo calorico e molte altre variabili. Non lo abbandoneremo mai, ma il consiglio è di non stare rigidamente ancorati all’orologio. Il ritmo va sentito nelle gambe, nei piedi (presto parleremo molto di scarpe), nel respiro e ovviamente, prima di tutto, nella testa. Sia che siamo runner principianti o evoluti, facciamo degli esercizi per imparare a sentire il nostro ritmo e confrontiamolo solo alla fine della corsa con il ritmo misurato dal segnale gps. Una sproporzione netta fra ritmo percepito e ritmo reale indicherà che il nostro cervello non è ancora ottimizzato su questo aspetto cruciale della corsa, la corsa sarà meno efficiente e il cervello stesso ne trarrà meno beneficio.


Nei prossimi interventi sul blog costruiremo insieme degli esercizi, sia sul campo che “off-line”, per diventare dei cronometri viventi e non commettere errori in questo passaggio.


Attendo i vostri commenti, anche sulla pagina social Neuroteam.

Buona corsa!


Massimiliano O.

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